27 Luglio 2024
Via Bottazzi
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Marinella di De André: una canzone che non ha età

Marinella è un singolo uscito nel 1964, scritto dal famosissimo cantautore italiano Fabrizio De André. Se si analizza il brano, si buon ben capire come esso è più attuale che mai. La narrazione di chi vuole risalire dalla propria condizione economica difficile, provare a migliorare la propria vita. Soprattutto, vede come tema cardine  quello di un amore “proibito”, andato a finire nel peggiore dei modi.

La vera storia di Marinella

Al tempo della sua uscita, si discusse molto su quale fosse l’origine della canzone, dato che il testo inizia proprio con la dicitura <<Questa di Marinella è la storia vera>>.

In un’intervista che aveva rilasciato, il cantautore affermava di essersi ispirato ad un episodio di cronaca locale mentre si trovava ad Asti. Racconta che Marinella «era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente.»

De André viveva in quei paraggi durante la Seconda guerra mondiale, visse da sfollato nella campagna astigiana, dove il padre aveva acquistato la Cascina dell’orto dopo i bombardamenti del 1941 che colpirono Genova.

L’episodio a cui si era ispirato il cantautore, risale a una notizia comparsa sul quotidiano la “Nuova Stampa” del 30 gennaio 1953, in cui veniva comunicato il ritrovamento di una donna di nome Maria, uccisa e poi rinvenuta nel fiume Olona tra Rho e Milano, colpita da vari colpi d’arma da fuoco.

La storia aveva colpito moltissimi italiani, tra cui il giovanissimo Fabrizio.

<<La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte>>

queste sono le parole di De André sul perché decise di raccontare e dare spazio alla storia della giovane ragazza.

Più precisamente, Maria Boccuzzi nacque a l’8 ottobre 1920 nel centro calabrese di Radicena, in una povera famiglia di braccianti agricoli e all’età di nove anni. Maria emigrò con la famiglia a Milano in cerca di una sistemazione migliore. Nel 1934 iniziò a lavorare e sul luogo di lavoro conobbe uno studente di nome Mario, di cui si innamorò. Il rapporto, che non era accettato dalla famiglia della ragazza, la portò a licenziarsi e a scappare con Mario. 

Ma la loro relazione non durò molto a causa degli scontri con la famiglia e le importanti difficoltà economiche. Da qui in poi, la vita di Maria cambiò radicalmente, decise di intraprendere la strada di ballerina di varietà col nome d’arte di Mary Pirimpò e conobbe un uomo, di cui divenne l’amante. 

Quest’uomo però, cedette la ragazza ad un altro, un “protettore” che la costrinse a prostituirsi.

La sua vita diventò così senza pace, un susseguirsi di umiliazioni, minacce e percosse. La notte del 28 gennaio 1953 Maria Boccuzzi fu uccisa con colpi d’arma da fuoco e spinta nell’Olona, ancora agonizzante.

Il caso non fu mai risolto.

La vicenda, una storia <<dei nostri giorni>>

Si parla dello scorso secolo, ma la storia è più attuale che mai. Quotidianamente pagine di giornali vengono riempite di notizie riguardanti donne, che subiscono minacce, umiliazioni, botte poiché considerate come <<un semplice oggetto>> da poter comandare a proprio piacimento, e nei casi più gravi-e anche più diffusi- questi comportamenti portano alla conclusione di una morte <<senza un perché>>.

In realtà, quasi tutti i femminicidi commessi, hanno come causa l’amore tossico, soffocante e ricatti, che tengono le donne sotto la morsa di uomini capaci di manipolarle e poter gestire interamente la loro vita.

La canzone allora, va a sottolineare quel confine, seppur sottile, che c’è tra amore – non quello vero, un amore malato. E la morte, che dà vita a storie tragiche come questa, che trovano spazio tra le righe di notiziari e servizi televisivi, uno dopo l’altro. Lasciando ancora una volta <<anonima>> la storia di una donna vissuta troppo poco, e finita per mano di qualcun altro. Proprio nel testo ritroviamo infatti:

“questa è la tua canzone, Marinella, che sei volata in cielo su una stella, e come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno, come le rose…”

A cura di Sara Sapuppo