Esiste una parola in lingua tedesca che indica un sentimento che non ha una traduzione nella nostra lingua, che è zweisamkeit, che gli studiosi hanno tradotto come “solitudine in due”. La parola è una sorta di stato paradisiaco in cui due anime si ritrovano, formando un alone di solitudine fra loro, isolandosi dal mondo e trovandosi in uno stato di completezza. Perché due solitudini insieme si annullano. Theodore (impeccabilmente interpretato da Joaquin Phoenix nel film Her, di Spike Jonze) la conosce bene la solitudine.
Nella vita scrive lettere per conto degli altri, rimanendo spettatore della sua vita. Testo dopo testo, Theodore immagina dei sentimenti, esprimendo attraverso dei bellissimi versi un pensiero che non gli appartiene, di una vita che non ha mai vissuto. Mentre i suoi sentimenti restano celati e inespressi. Il protagonista vive in un mondo dove la tecnologia è a portata di tutti, dove le intelligenze artificiali hanno un rilevante posto nella vita delle persone. Ma non è una tecnologia molto lontana dalla nostra, è un’evoluzione che riusciamo invece a capire.
Durante il film non ci sarà nessun contatto fisico, ma tantissimi scontri del sentimento, dove si cerca di trovare le parole giuste per comunicare. Quando queste parole le troverà, nel finale, non saranno ricercate, né complicate, bensì di una semplicità disarmante perché in fondo, per chiedere scusa, serve solo una parola.
Sarà proprio una di queste di cui Theodore si innamorerà e noi ci domanderemo “ma è davvero reale?”.
Una relazione fatta soltanto di rapporti virtuali, di dialoghi tra una persona e una AI esiste davvero? Pur non avendo un corpo ed essendo costruita artificialmente, Samantha ha la capacità di crescere ed evolversi ogni secondo come una persona reale. Prova emozioni complesse e ha bisogni sessuali, sentimentali, amicali. Dopo una relazione in cui Theodore non riusciva a gestire tutte quelle situazioni per cui non puoi sottrarti dal confronto, Samantha sembra essere l’essere perfetto per lui. Qualcuno che puoi gestire esattamente come vuoi. Infatti il bisogno di controllo non mancherà tra le caratteristiche del personaggio.
Quello di cui si è certi è l’immensa solitudine che pervade Theodore, con o senza Samantha.
E per placarla vive una ricerca di emozioni, di sensazioni, non più di corpi. Questa solitudine, se condivisa insieme a qualcuno che ha il tuo stesso vissuto e vive la tua stessa solitudine, però, riesce ad annullarsi. Potremmo definire questo un paradosso, come lo zweisamkeit, come due unità sole e distanti dal mondo riescano ad annullare questo senso di solitudine che fino a poco prima sembrava incolmabile.
È un percorso profondamente psicologico quello di Theodore che dopo la storia d’amore con Samantha riacquisterà (o scoprirà) la sua capacità di comunicare col mondo.
Her è uno di quei film che ti lascia qualcosa dentro, che ti dà un senso di “sospensione”, racconta l’elaborazione di una perdita importante e si estende al complesso concetto di memoria. Il ricordo felice o infelice di una persona scomparsa dalla tua vita ti rende quello che sei, è inutile condurre un’esistenza mirante a trovare chi avesse la colpa. Forse è meglio circondarsi delle persone che vogliono vivere insieme a te, le altre saranno comunque parte di te e del tuo vissuto. E questo nulla potrà cambiarlo.