È sabato pomeriggio, Cristina e io ci siamo date appuntamento in videochiamata per condividere le circostanze e le sensazioni da cui è scaturito il suo primo libro, In questa vita o nell’altra. Non riusciamo a vederci di presenza perchè lei vive a Roma mentre io mi trovo in Sicilia, ma la sua emozione è palpabile anche attraverso lo schermo.
Ciao Cri, grazie per essere qui con me oggi, sarà una bella chiaccherata. Cominincio subito da alcune domande di carattere tecnico per dare delle coordinate a chi ci legge: di cosa parla il tuo romanzo?
Buon pomeriggio, grazie a te per avermi coinvolta! In questa vita o nell’altra è principalmente una storia d’amore e di speranza, due parole forse banali ma oggi più necessarie che mai; ha per protagonisti due giovani ragazzi che, incontrandosi e scontrandosi, dovranno fare i conti con se stessi, in un processo di scavo interiore ma al tempo stesso di rivelazione di ciò che è nascosto, sepolto.
Una storia di cambiamento quindi
Più che di cambiamento, preferisco parlare di smussamento di alcuni aspetti caratteriali, perché amare vuol dire accettare, imparare a far combaciare i lati, non rinunciare a ciò che si è. Se ci fossero stati degli stravolgimenti nei personaggi, avrei trasmesso un’idea malsana di amore: amore non è rinuncia ma aggiunta e ogni scelta, compresa quella di modificare i propri atteggiamenti, deve sempre essere personale, fatta prima di tutto per sé.
Possiamo e dobbiamo dire che amare significa lasciare liberi
Esatto. Speranza, amore e libertà sono proprio le tre parole-chiave con cui definirei questo libro.
Quanto tempo hai impiegato per scriverlo?
Relativamente poco, circa 3 mesi. Ho un lavoro a tempo pieno che occupa gran parte delle mie giornate, ma fin da ragazzina ho coltivato il sogno di scrivere un libro. Ho sempre rimandato perché quasi non mi sentivo all’altezza e anche quando trovavo lo slancio giusto, preferivo anteporre altre necessità al mio desiderio. Non ho mai smesso di scrivere in realtà, poi a poco a poco ho maturato l’idea di estendere il nucleo di un racconto di cui mi stavo occupando per non circoscrivere la storia. E così è nato In questa vita o nell’altra.
A cosa è legata la scelta di questo titolo?
Era il titolo di un mio precedente racconto e ho scelto di riprenderlo perché trasmette molto bene un’idea contenuta tra le pagine del libro: alcune persone sono unite da legami talmente forti da porsi oltre qualsiasi limite o confine. Credo fermamente che anche chi va via, proprio in virtù di questo legame quasi cosmico, non smette mai di esserci davvero.
Quello tra Martino e Niccolò, i due protagonisti, sembra essere proprio un legame così. Quanto è stato difficile trasferire sulla carta l’idea che avevi in mente?
A dire il vero il libro si è scritto da sé, il bisogno di raccontare era così grande e impellente da portarmi a una stesura rapida e continua, senza blocchi. Ecco, la naturalezza, lo sviluppo spontaneo di questo rapporto è un altro degli aspetti da evidenziare. Chiaramente le difficoltà esistono, ma non ho mai messo in dubbio i sentimenti dei personaggi, motivo per cui ho buttato fuori tutto d’un fiato. Scrivendo sono emersi anche aspetti della mia vita che pensavo di avere rimosso, il romanzo è stato quasi terapeutico, a tratti doloroso. Forse è anche per questo che non riuscivo a fermarmi. Rivivere determinati momenti fa male e cura le ferite nello stesso momento.
Il tentativo di scavare nella tua interiorità e in quella dei personaggi emerge dall’adozione di un doppio punto di vista: le vicende sono narrate secondo lo sguardo di entrambi i protagonisti. Chi ti ha dato più filo da torcere?
Sicuramente Niccolò. A Martino mi sento più vicina, mentre Nico è talmente complesso da suscitare in me un certo timore nell’accostarmi a lui. Quando però è avvenuto l’incontro con il suo personaggio, è stata una magia; questo dolce ragazzo mi ha insegnato che la fragilità è forza, che l’amore non conosce confini e che ognuno ha un suo mondo dentro da mostrare agli altri senza paura dei pregiudizi. Mi ha trasmesso un nuovo modo di approcciarmi a chi mi sta intorno: prima le persone le vedevo e basta, adesso invece le guardo proprio, le riconosco, proprio come Marti e Nico, che non si sono conosciuti ma ri-conosciuti.
Cosa diresti alla Cristina del passato che non pensava di riuscire a pubblicare il suo libro?
Le direi di non arrendersi. Continuo a essere realista però conosco anche il valore della costanza. Adesso so che anche io ho un mondo dentro che vale la pena di conoscere e far conoscere e sono anche più consapevole di tante altre cose. Prima, per esempio, di fronte a un evento doloroso mi chiedevo sempre “perché sta capitando a me?” . Da quando ho cambiato il mio approccio, il mio modo di vedere le cose, anche grazie ai miei personaggi, mi domando invece “e perché non a me?” Il dolore è tanto individuale quanto universale, In questa vita o nell’altra è la storia di Martino e di Niccolò, di Cristina e di chi le sta intorno, ma in realtà è un po’ la storia di tutti.
Molte persone che tu ringrazi alla fine del libro ti hanno aiutata a tirare fuori il tuo mondo interiore, fra queste Mariaelena Taurino che è stata preziosa dispensatrice di consigli, la scrittrice Tania Franci a cui hai affidato la prefazione, ma soprattutto il ragazzo che ha permesso il nostro incontro e questa stessa chiaccherata, Rocco Fasano.
Non penso che esistano parole adatte a definire la rivoluzione che Rocco ha determinato nella mia vita e il bene smisurato che nutro nei suoi confronti. Stavo vivendo una fase di crescita, di maturazione, ma anche di sofferenza e in mezzo a questo processo a tratti confuso e caotico, ho incontrato lui. È una delle persone migliori che conosca, un esempio, è stato per me manifestazione improvvisa di una forma d’amore che aggiunge e non toglie, lo stesso che ho cercato di raccontare nel libro. Una delle mie ispirazioni più grandi.
Una domanda sorge spontanea. Scriverai ancora?
A cura di Luisa Piazza