“Quello che le donne non dicono”, testo scritto da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone, cantata per la prima volta al Festival di Sanremo nel 1987 da Fiorella Mannoia che con la sua interpretazione magistrale la rese una delle canzoni più celebri della musica italiana.
Spesso spacciata come una canzone femminista, esaltazione della resilienza delle donne. Ma è davvero così?
Quante donne moderne sono davvero disposte, dopo certe giornate amare, nelle sere tempestose, a lasciare stare, e a dire un altro sì in seguito al dono di rose e “nuove cose”?
Le donne descritte in questa canzone non cambiano, se si trasformano “è per la voglia di piacere a chi c’è già o potrà arrivare a stare con noi.” Il cambiamento della donna è motivato solo dal piacere dell’uomo.
Del resto, le donne non vanno via, restano ad aspettare, tenendosi dentro un dolore, che però non sfogheranno in favore dell’ennesimo sì.
L’esaltazione della passività della donna
Abbiamo la rappresentazione di una donna passiva, che non agisce per non turbare, che si fa forte per stare in silenzio, ma che c’è sempre, anche se gli altri vanno via, ché magari tornano, alla ricerca della conferma che lei, nella sua immensa benevolenza, gli darà.
Le donne sono: complicate, ma dolci, e sono dolci perché, se non glieli fa più il loro amato, i complimenti degli altri non li sentono -sì, come no!-, sono dolci perché, anche se passano notti bianche, da sole, sono sempre pronte, al rientro del loro uomo, a concedersi con amore.
“Silenzio, che familiarità”: il silenzio a cui si fa allusione è quello assordante di una casa vuota al mattino, quando ognuno è andato al suo posto. L’uomo è al lavoro, i figli sono a scuola, la donna resta a casa, in quella che è la sua dimensione, a riordinare, preparare, ad aspettare il ritorno.
Nonostante la sublime interpretazione di Fiorella, infatti, si può sentire risuonare, se si presta attenzione alle parole, la voce di una sirena ancora, se possibile, più ammaliante: il richiamo del patriarcato.
Da sempre restiamo affascinanti di fronte al ritratto che gli uomini hanno sempre fatto delle donne: da angelo del focolare a femme fatale, sempre dipinta dallo sguardo egocentrico dell’uomo. Eppure, sebbene questi ritratti possano ammaliare anche, anzi, soprattutto il pubblico femminile, è forse il caso di ricordare che alle volte una porta sbattuta in faccia può dare più soddisfazione e prevenire inutili sere tempestose.
A cura di Anna Rosa Gagliano
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