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Ucraina: la musica nei bunker che ci ricorda che c’è ancora vita

La musica è figlia del proprio tempo e si inserisce nei contesti. La storia della musica contro la guerra, sociale e per così dire ‘impegnata’ è lunga e parte da lontano.

Oggi questo tema torna estremamente attuale e ci ricorda che la storia non ci insegna abbastanza. In Ucraina e nel mondo si moltiplicano i concerti e i tributi musicali improvvisati, nei rifugi, in piazza, davanti al cratere di una bomba. Una forma di resistenza e di consolazione tra le più universali.

Il soffitto è basso, le pareti vicine, si vedono tubi e fili elettrici. C’è molta luce artificiale e nessuna naturale. Sotto terra, dove sotto cadono le bombe su un popolo che la guerra non l’ha mai voluta, una madre prende per mano sua figlia, facendola salire su una sedia di plastica e la presenta al pubblico come una pop star. Ci rimanda ad una scena familiare, la stessa che abbiamo vissuto anche noi, quando qualcuno ci invitava ad esibirci alle cene di natale. Quell’emozione, se chiudiamo gli occhi, ce la ricordiamo ancora. E così Amelia inizia a cantare. Sopra le loro teste la guerra per un attimo si ferma sulle note di “Let it go”.

La musica ci salva.

Queste immagini ci riportano alla bellezza che sostiene la speranza, la bellezza che salva dalla paura che tutto finisca nell’orrore, nella negazione, nel non senso. Quando manca tutto, si riparte da lì. Da una bambina che canta che ci ricorda che c’è vita oltre l’orrore e la morte che sembrano permeare ogni angolo di Kiev.

Così come anche gli altri musicisti testimoni e “partigiani di pace” in questi giorni di guerra: chi in piedi sul pavimento di un altro seminterrato, come la violinista Vera Lytovchenko, ha abbandonato il suo teatro per raggiungere un seminterrato dove ha suonato il suo violino per gli altri residenti di Kharkiv che si riparavano dai bombardamenti russi. O ancora la pianista dai lunghi capelli neri alla stazione di Leopoli, che accompagna la fuga dei profughi venuti dall’est del paese sotto attacco suonando What a Wonderful World. Un mondo bellissimo, anche se in questo momento ci sembra negato.

Chi, come Davide Martello, il pianista di origine siciliane, vicino alla rete che separa Polonia e Ucraina col proprio pianoforte a coda per portare speranza. La vita non è ancora finita.

Ucraina, dalla Polonia a Leopoli: il pianista italiano che suona per i profughi ucraini

Ci si sente soffocati, non si respira quando la vita “puzza” di terrore. Non c’è alcuna via di fuga.

Il corpo trema nel momento esatto in cui i proiettili colorano il cielo di nero e tutto esplode, persino il cuore; non c’è salvezza per l’anima di chi, con la speranza, continua a cantare sotto all’eco delle sirene.

Un popolo fatto di donne,  uomini, bambini, famiglie, sogni, diritti combatte l’odio e la guerra con la musica. Sono tanti i filmati che in televisione sono stati trasmessi per sensibilizzare il mondo intero sulla questione “Guerra Russia-Ucraina” e tra i più toccanti, risalta poi quello di una mamma che suona il pianoforte coperto di macerie, per l’ultima volta, prima di abbandonare definitivamente la propria casa.

Si scappa dalla morte e si lotta continuamente per restare in vita, non con le armi ma con le note, con i suoni, le parole. 

La musica è insomma, una di quelle pochissime cose che in momenti terribili aiuta chiunque. Essa è una vittoria in giorni di sconfitta, è quell’abbraccio che ci si aspetta di ricevere dopo aver pianto molto e quel treno che non ti stancheresti mai di prendere, anche se il viaggio durasse in eterno. La musica culla le nostre orecchie e cura le nostre ferite. Ci avvicina e unisce anche quando non ce ne rendiamo conto e fa sbocciare fiori dove l’uomo lancia bombe.

La musica, da sola, non salva nessuno. Ma dona speranza, bellezza, in un mondo che sembra distrutto, la cui bellezza è stata sfregiata a causa di manie di onnipotenza. La musica ci ricorda che c’è ancora vita, che c’è ancora bellezza. Che in mezzo a tanta distruzione, siamo ancora capaci di creare.

Lunga vita alla musica.  

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